Cosa ci rende umani
Non sono una filosofa o una saggista, per cui mi limiterò a raccontare cosa vuol dire, per me, essere “umani” nel mondo della comunicazione. Partiamo dal presupposto che qualunque tipo di comunicazione è una relazione, e ogni agenzia o azienda si fonda proprio sulle relazioni che le persone creano al suo interno. Al di là dei fogli excel, dei timesheet e dei margini di fatturato, ci sono sempre due o più persone che condividono informazioni ed emozioni. Anche se una certa idea di management ci vorrebbe più simili ai robot, le persone non funzionano con prompt o bottoni. Le persone amano, odiano, si preoccupano o gioiscono, ogni singolo secondo della loro vita.
Un mio vecchio docente di scrittura diceva sempre “scrivete ciò che conoscete, scrivete con il cuore, anche quando si tratta di scrivere per vendere dentifrici”. Aveva ragione. Ogni volta che scriviamo una mail, facciamo una call o un brainstorming, la nostra emotività in qualche modo emerge. Riuscire a controllare le proprie emozioni è sicuramente parte del processo di crescita professionale, ed è necessario per non lasciarsi sopraffare, ma azzerare l’influenza delle emozioni è un’utopia, anzi una distopia tossica.
Iniziamo a uscire dalla logica che ci vede tutti come ingranaggi di qualche grossa macchina. Siamo umani, le nostre emozioni ci rendono tali e influenzano il modo in cui facciamo le cose, il modo in cui ci interfacciamo con gli altri. Iniziamo a vederci oltre le etichette e i ruoli che occupiamo. Iniziamo a capire che l’emotività non è una debolezza, ma una forza che ci rende unici e insostituibili, perché se è vero che di copywriter è pieno il mondo, non è altrettanto vero che i copywriter sono tutti o tutte uguali: uno è introverso e cerebrale, un’altra è ottimista e spontanea, e così via. In fondo è proprio questa la bellezza di essere umani. Essere diversi e poter realizzare cose diverse proprio perché, al contrario di un’intelligenza artificiale, prendiamo ispirazione dal nostro vissuto personale, e non da una banca dati standard.