Change isn’t dead. It just smells funny
Se gli chiedessero di definire cos’è una strategia, la maggior parte dei dirigenti probabilmente fornirebbe una spiegazione del genere: la strategia è scoprire e puntare a mercati attraenti e quindi creare posizioni che offrono un vantaggio competitivo duraturo. Le aziende raggiungono queste posizioni configurando e organizzando risorse e attività per fornire valore unico ai clienti o valore comune a un costo eccezionalmente basso. Questa visione della strategia come posizione rimane centrale nei programmi delle business school di tutto il mondo: posizionamento di valore, protetto dall’imitazione e dall’appropriazione, che fornisce flussi di profitto sostenuti.
Sfortunatamente, gli investitori non premiano i senior manager semplicemente per aver occupato e difeso posizioni. Il mercato è pieno di aziende che siedono sui propri allori: il caso di Blockbuster–Netflix è un buon esempio per analizzare i rischi della mancata innovazione. Blockbuster all’apice del suo successo aveva un fatturato di circa 5 miliardi di dollari, con una presenza fisica di oltre 10.000 punti vendita. Aveva rivoluzionato il mercato con un catalogo di 6500 titoli disponibili. Un business focalizzato sulle operation e partnership esclusive con le case di produzione – nessuno era in grado di fornire un servizio così capillare, era una macchina perfetta, ma il successo passato comporta il rischio dell’autocompiacimento, caratterizzato dalla perdita del senso di urgenza nel creare e sviluppare nuove opportunità. A volte, contrariamente a quanto diceva Voltaire, il bene è nemico del grande, specialmente quando le organizzazioni sono soddisfatte della routine, focalizzate sulla messa a punto e sull’apporto di modifiche minime alle offerte esistenti, invece di prepararsi per il futuro. Negroponte descrive bene questo problema attraverso la “teoria dell'incrementalismo”, che definisce il peggior nemico dell'innovazione. Le organizzazioni ossessionate dall’incrementalismo non pianificano eventi futuri perché non anticipano il momento in cui un prodotto sostitutivo o condizioni di mercato dinamiche potrebbero sorgere e causare un cambiamento significativo nel mercato. Secondo questa teoria Blockbuster offriva la migliore tecnologia appropriata per l’intrattenimento televisivo del momento, ma la televisione via cavo e la sua promessa di offrire video on demand hanno segnato la rovina del gigante del noleggio di video. Tuttavia, una minaccia meno evidente era rappresentata dal commercio elettronico e dalle tecnologie dirompenti introdotte dalla disponibilità di Internet, ovvero la rivoluzione di Netflix che offriva un'esperienza unica.
Netflix ha cominciato la sua attività come un servizio di noleggio video attraverso la posta. Secondo quanto affermato da Christensen, Raynor e McDonald nel 2015, l’azienda operava principalmente online e aveva una vasta libreria di film, ma non riusciva a offrire la stessa comodità e convenienza che i clienti trovavano nei negozi Blockbuster. Tuttavia, Netflix è riuscita a conquistare un seguito tra i primi utilizzatori di lettori DVD e i consumatori online. Di conseguenza, in quegli anni, Blockbuster e Netflix non erano in concorrenza diretta, poiché servivano esigenze diverse e avevano target di clientela differenti. Tuttavia, grazie ad alcune innovazioni, Netflix è riuscita a spostare il proprio servizio verso lo streaming di film su Internet. Il suo approccio on-demand, con prezzi competitivi e alta qualità, ha attirato il pubblico principale di Blockbuster, causando infine la sua chiusura.
Questo è il racconto che si legge spesso sul caso Blockbuster-Netflix, la startup che distrugge la corporate. Perché diciamocelo sinceramente, ci piacciono le storie, ne siamo visceralmente ossessionati, e in questa serviva il buono e il cattivo, il vincitore e il vinto, ma soprattutto l’innovatore e l’establishment. La storia è un po’ più complessa di quella che ci hanno raccontato. Negli anni prima dell’era dell’innovazione e della diffusione dello streaming e dei video su Internet, le principali reti televisive degli Stati Uniti, tra cui Fox, NBC, ABC e CBS, detenevano praticamente un monopolio sui contenuti, insieme alle società via cavo. Questa situazione ha comportato decisioni sui contenuti basate su un minimo comune denominatore, rendendo il panorama televisivo estremamente rigido e poco adattabile. Le società via cavo, d’altra parte, erano leggermente più flessibili rispetto alle reti tradizionali, grazie al loro modello di pagamento e alle regolamentazioni ad esso associate, anche se in qualche modo condividevano una filosofia simile.
L'obiettivo principale di entrambi i player era la massimizzazione dei profitti. Le società via cavo, ad esempio, fissavano gli orari di trasmissione per una vasta gamma di canali nei loro costosi pacchetti, mentre le reti televisive si contendevano il dominio del palinsesto come mezzo per catturare la fetta multimilionaria del mercato pubblicitario televisivo. Questo approccio orientato ai profitti ha scoraggiato entrambi i settori nell’abbracciare innovazioni che avrebbero potuto disturbare lo status quo. Tuttavia, questa situazione ha portato a una base di clienti insoddisfatti e alla crescente insoddisfazione del pubblico. Questo stato di cose è durato fino all’emergere di piattaforme digitali come YouTube, Netflix, Amazon e altre simili. Le piattaforme hanno rivoluzionato l’industria dell’intrattenimento, offrendo contenuti più personalizzati, accessibili in qualsiasi momento e a prezzi competitivi. L’ascesa di queste nuove opzioni ha messo in luce la necessità di adattarsi alle esigenze dei consumatori e ha contribuito a cambiare il panorama mediatico in modo significativo.
La partita dei contenuti on demand non è stata persa da chi non aveva visto l’innovazione arrivare ma da chi, forte del proprio posizionamento, ha preferito continuare a giocare la stessa partita di sempre.