Vediamo qualche esempio
Già 30.000 anni fa eravamo ottimi designer: osservate oggi, le pitture rupestri della grotta di Chauvet, nel sud della Francia, lasciano davvero a bocca aperta; la bellezza e la complessità del tratto, l’uso del colore e le proporzioni sembrano provenire direttamente dai bozzetti di qualche disegnatore Disney de Il Re Leone. In particolare, in questi disegni si può intuire un primordiale tentativo di riprodurre il movimento su una superficie bidimensionale, la tecnica che ancora oggi è alla base dei keyframes di qualsiasi film o software di animazione. Messe a sistema con molte altre pitture rupestri, queste immagini rappresentano l’alfabeto visuale di un periodo storico che chiamiamo Paleolitico, ovvero del periodo in cui in Europa si diffonde Homo Sapiens, l’essere umano come noi lo conosciamo oggi.
In qualche modo, quindi, le pitture rupestri rappresentano il sistema visivo che identifica un brand destinato ad avere un discreto successo: l’umanità stessa. Siamo noi, le nostre radici psicologiche, emotive e culturali, a parlare attraverso quelle immagini, e a raccontare la storia di come siamo diventati umani.
Così nel corso dei secoli gli umani hanno creato altri alfabeti visivi che oggi ci permettono di identificare con certezza, con un solo colpo d’occhio, una precisa epoca storica o un’area geografica: solo sentendo nominare gli Egizi pensiamo subito ai geroglifici, i Celti richiamano complicati intrecci di matrice naturalistica, ma con uno spiccato senso di simmetria, l’achitettura Islamica si associa all’armonia dei suoi archi inflessi, le civiltà mesoamericane alla ricchissima eredità dei loro simboli carichi di significato, le cinque pezze colorate delle bandierine Tibetane ci parlano di vette innevate, spiritualità e natura anche quando sono appese o sui balconi nelle nostre città, l’Aum Hindu è forse uno dei simboli più tatuati di sempre, Yin e Yang evocano una Cina che non c’è più, il costruttivismo Russo di inizio ‘900 racconta un intero periodo storico, pochi tratti di inchiostro nero su un foglio bianco hanno permesso al Giappone di raccogliere un’eredità artistica millenaria che ancora oggi vive nelle pagine dei Manga.
La logica che permette a questi sistemi visivi di identificare con precisione e immediatezza una civiltà è la stessa che permette a un’identità visiva ben progettata di identificare un brand. E non a caso qualche volta queste due culture si incontrano. Proprio Nike nel 2019 per la serie di prodotti signature del campione NBA Giannis Antetokounmpo, nato ad Atene, in Grecia, è andata a costruire un alfabeto visivo che riprendeva le famosissime “greche”, un pattern che ancora oggi rimanda, a distanza di millenni anche oltre oceano, a un immaginario legato alle divinità Olimpiche, ai templi e agli eroi dell’antichità. E tutti sanno che il nome stesso dell’azienda Nike deriva dal nome della dea della vittoria, che aveva folgorato il fondatore Phil Knight nel corso di un suo viaggio in Grecia.